Come il mais arrivò sulla terra

Molto tempo fa vivevano sulla terra dei giganti, ed erano così forti che non avevano paura di nulla. Quando smisero di far levare fumo in onore degli dei delle quattro direzioni, Nesaru abbassò lo sguardo su di loro e si adirò. “Ho fatto i giganti troppo forti” disse Nesaru. “Non li tengo più. Credono di essere come me. Li distruggerò coprendo d’acqua la terra, ma risparmierò la gente comune”.

Nasaru mandò gli animali a guidare la gente comune in una caverna così grande che tutti gli animali e tutte le persone poterono abitarla insieme. Poi sigillò l’entrata della caverna e inondò la terra, così tutti i giganti, e solo loro, annegarono. Per ricordarsi che c’era gente sotto terra in attesa di essere liberata quanto l’inondazione fosse finita, Nasaru piantò del mais nel cielo. Appena il mais fu maturo, egli tolse una pannocchia dal campo e la trasformò in una donna, che fu Madre Mais.

“Devi scendere sulla terra” le disse Nesaru “e far uscire la mia gente da sottosuolo. Guidala al luogo in cui tramonta il sole, perché la loro patria sarà in occidente”.

Madre Mais scese sulla terra e, udendo tuonare a oriente, seguì l’indicazione del suono fino alla caverna dove la gente stava in attesa. Ma la porta della caverna si richiuse su di lei, che non riuscì a ritrovare la strada per ricondurre la gente fuori, sopra la terra. “Dobbiamo lasciare questo luogo, questo buio” disse loro. “C’è luce sopra la terra. Chi mi aiuterà a portare la mia gente fuori dalla terra?”.

Il Tasso si fece avanti e disse “Madre Mais, io ti aiuterò”. Anche la Talpa si alzò e disse “Io aiuterò il Tasso a scavare il terreno, in modo che possiamo vedere la luce”. Poi venne il Topo Nasolungo e disse “Io aiuterò gli altri due”.

Il Tasso incominciò a scavare verso l’alto. Dopo un po’ ricadde sfinito. “Madre Mais, sono molto stanco” disse. Poi scavò la Talpa, finché non fu anch’essa esausta. Il Topo Nasolungo prese il posto della Talpa e scavò, e quando esso fu stanco il Tasso ricominciò a scavare. I tre lavorarono a turno, finché alla fine il Topo Nasolungo cacciò il naso attraverso il terreno e poté vedere un po’ di luce.

Il Topo tornò giù e disse “Madre Mais, ho spinto il naso attraverso la terra fino a vedere la luce, ma il grande scavare ha reso il mio naso piccolo e aguzzo. D’ora in poi tutti sapranno, dal mio naso, che sono stato io a raggiungere per primo la superficie della terra”.

Ora salì la Talpa fino al buco e completò lo scavo finché non fu fuori. Il sole era salito alto nel cielo dall’oriente ed era così luminoso che accecò la Talpa, la quale corse indietro e disse: “Madre Mais, sono tata accecata dalla luminosità del solo, e non posso più vivere sulla terra. Devo farmi una casa sotterranea. Da questo momento tutte le Talpe saranno cieche e non potranno vedere la luce del giorno, ma potranno vedere di notte. Durante il giorno resteranno sotto terra”.

Poi salì il Tasso e allargò il buco così che potessero passarvi anche le persone. Uscendo all’esterno il Tasso chiuse gli occhi, ma i raggi del sole lo colpirono scurendogli le gambe e tracciando una striscia nera sulla sua faccia. Egli tornò giù e disse: “Madre Mais, ho ricevuto questi segni neri su di me, e vorrei rimanere così, in modo che tutti si ricordino che io sono stato fra coloro che hanno aiutato la tua gente a uscire da sotto terra”.

“Molto bene” disse Madre Mais. “Sia come hai detto”. Poi ella guidò la gente fuori, all’aperto, e la gente si rallegrò di essere sulla terra all’aperto. Mentre tutti erano lì al sole, Madre Mais disse: Popolo mio, ora faremo un viaggio verso occidente, verso il luogo dove tramonta il sole. Prima di incamminarci, coloro che desiderano restare qui – come il Tasso, il Topo e la Talpa – possono farlo”. Alcuni animali decisero di tornare alle loro tane sotterranee, altri scelsero di seguire Madre Mais.

Il viaggio era cominciato. Procedendo, a un certo punto videro delle montagne levarsi di fronte a loro. Giunsero a un profondo canyon. La china era troppo ripida perché gli uomini potessero scenderla, e anche se vi fossero riusciti, la china opposta era anch’essa troppo ripida per risalirla. Madre Mais chiese aiuto e un uccello grigio-azzurro salì volteggiando su ali che battevano rapide. Aveva un grosso becco, un folto ciuffo sul capo e il petto a strisce. L’uccello era il Marti Pescatore. “Madre Mais”, egli disse “sarò io a mostrarti la strada”.

Il Martin Pescatore volò sul fianco opposto del canyon e col becco batté molte volte sulla parete finché la terra cadde in fondo al canyon. Poi volò indietro e beccò l’altra parete finché cadde abbastanza terra perché si formasse un ponte. La gente lo ringraziò a gran voce. “Quelli che vogliono unirsi a me” disse il Martin Pescatore “possono rimanere qui. Faremo di queste montagne la nostra patria”. Alcuni rimasero con lui, ma la maggior parte proseguì il cammino.

Dopo un po’ di tempo giunsero a un altro ostacolo, una cupa foresta, con alberi così alti che sembravano toccare il sole, molto fitti e così irti di spine da formare un groviglio impenetrabile. Ancora Madre Mais chiese aiuto. Questa volta si presentò davanti a lei un Gufo, che disse “Io aprirò un sentiero per la tua gente attraverso questa foresta. E chiunque vorrà restare con me potrà farlo e vivere in questa foresta per sempre”. Il Gufo poi volò dentro la foresta. Agitando le ali spostò gli alberi, in modo da aprire un sentiero perché la gente potesse passarvi. Madre Mais allora guidò la gente oltre la foresta, e così andarono avanti.

Proseguendo, d’un tratto si trovarono di fronte a un grande lago. La distesa d’acqua era troppo vasta e profonda perché si potesse attraversarla e la gente incominciò a parlare di tornare indietro. Ma non poteva farlo, perché Nesaru aveva ordinato a Madre Mais di condurre gli uomini sempre avanti, verso occidente. Un uccello acquatico con la testa nera e il dorso a quadri si presentò davanti a Madre Mais e disse: “Io sono la Strolaga. Farò un passaggio attraverso quest’acqua. La gente smetta di piangere, l’aiuterò”.

Madre Mais guardò la Strolaga e disse: “Preparaci un passaggio e alcuni di noi resteranno qui con te”. La Strolaga volò via e saltò nel lago, muovendosi così in fretta da dividere le acque, e quando uscì dall’altra parte del lago lasciò dietro di sé un sentiero. Madre Mais condusse la gente attraverso il passaggio asciutto e alcuni tornarono indietro e restarono con la Strolaga. Gli altri invece proseguirono il cammino.

Infine giunsero a un luogo piano accanto a un fiume e Madre Mais disse loro di costruire lì un villaggio. ”Ora avrete il mio mais da piantare” disse. “Così, mangiandolo, crescerete e vi moltiplicherete”. Dopo che ebbero costruito il villaggio e piantato il mais, Madre Mais fece ritorno al Mondo Superiore.

Le persone, tuttavia, non avevano né norme né leggi alle quali attenersi, né capi né stregoni che le consigliassero, e presto accadde che passassero tutto il loro tempo a giocare. Il primo gioco a cui giocarono fu una specie di hockey, nel quale si dividevano in due squadre e usavano bastoni ricurvi per buttare la palla nella porta degli avversari. Poi giocarono a scagliare giavellotti attraverso anelli messi sopra aste piantate nel terreno. Col tempo, i giocatori perdenti si arrabbiarono a tal punto che presero a uccidere i vincitori.

Nesaru fu scontento del comportamento degli uomini e insieme con Madre Mais venne sulla terra. Disse agli uomini che dovevano avere un capo e qualche stregone che insegnasse loro come si deve vivere. Mentre Nesaru insegnava agli uomini a scegliersi un capo attraverso prove di coraggio e di saggezza, Madre Mais insegnò loro canti e cerimonie. Dopo che si furono scelti un capo, Nesaru diede a costui il suo stesso nome, quindi comunicò agli stregoni i segreti della magia. Insegnò loro a fare pipe per offrire fumo agli dei delle quattro direzioni.

Quando tutto questo fu fatto, Nesaru se ne andò via verso il sole calante per preparare luoghi per nuovi villaggi. Madre Mais guidò gli uomini lungo sentieri attraverso le pianure e oltre i corsi d’acqua fino a quel luogo dove Nesaru aveva piantato radici ed erbe medicinali per gli stregoni. Lì essi costruirono villaggi lungo un fiume che più tardi i Bianchi chiamarono Fiume Republican, nel Kansas.

Il primo giorno che giunsero in questo paese, Madre Mais disse loro di offrire fumo agli dei dei cieli e a tutti gli dei degli animali. Mentre così facevano, un Cane giunse correndo nell’accampamento e con alti lai accusò Madre Mais di essersi comportata male andando via e lasciandolo indietro. “Io sono venuto dal Sole” gridò, “ e il dio del Sole è così arrabbiato perché sono stato lasciato indietro che manderà il Turbine a disperdere gli uomini”.

Madre Mais pregò il Cane di salvare gli uomini placando il Turbine. “Solo rinunciando alla mia libertà”, rispose il Cane “potrò farlo. Non potrò più cacciare solo come mio fratello Lupo, o vagare libero come il Coyote. Dovrò sempre dipendere dagli uomini”.

Ma quando giunse il Turbine rotando e tuonando attraverso la terra, il Cane si pose fra esso e gli uomini. “Rimarrò per sempre con gli uomini” gridò al Turbine. “Sarò il guardiano di tutto ciò che posseggono”.

Quando il Gran Vento fu cessato, Madre Mais disse: “Gli dei sono gelosi. Se dimenticherete di offrire loro il fumo, si adireranno e manderanno tremende bufere”.

Nella ricca terra accanto al fiume la gente piantò il suo mais, ed ella disse: “Mi trasformerò in albero di Cedro per rammentarvi che sono Madre Mais, che vi ha dato la vita. Sono stata io, Madre Mais, a condurvi qui da oriente. Devo diventare Cedro per poter restare con voi. Sul fianco destro dell’albero sarà messa una pietra perché vi ricordiate di Nesaru, che ha portato ordine e saggezza a voi uomini”.

Il mattino seguente, un Cedro già adulto sorgeva davanti alle dimore degli uomini. Accanto ad esso c’era una grossa pietra. Gli uomini seppero così che Madre Mais e Nesaru avrebbero vegliato su di loro attraverso tutti i tempi a venire e che li avrebbero tenuti uniti e fatti vivere a lungo.