Il riso

Un po' di storia...

Molte ricerche hanno documentato che il riso, il cui nome botanico è oryza sativa, veniva coltivato in alcune regioni dell’India e della Cina già 7000 anni prima di Cristo.

Dai paludosi terreni alluvionali dell’Asia monsonica la coltivazione di tale cereale si è diffusa nelle più svariate zone climatiche, dall’equatore al 45° grado di latitudine nord, dal livello del mare fino alle terrazze sulle pendici dei monti a più di 1500 metri, come coltivazione secca, acquitrinosa o umida.

Al giorno d’oggi costituisce il cibo quotidiano di quasi 3 miliardi di persone, buona parte delle quali vivono in Asia; ma durante la lunga era feudale cinese solo i ricchi potevano permettersi il riso tutti i giorni, mentre i contadini, che lo coltivavano per i signori, dovevano accontentarsi di altri cereali o di patate.

USANZE E LEGGENDE NEL MONDO

Cina

Alcuni medici-scienziati cinesi ritenevano che il riso potesse provedere ai bisogni del corpo e dotarlo di energia, oltre a favorire la salivazione.

E' significativo rilevare che in molte lingue asiatiche "consumare un pasto" si traduce con l'espressione "mangiare il riso".

Nel passato la semina del riso era una vera e propria cerimonia di stato, alla quale interveniva l'imperatore stesso con tutto il seguito di principi e dignitari: l'imperatore, riccamente vestito, entrava nella risaia che dipendeva dal tempio e, con un aratro bardato a festa e trainato da una coppia di buoi bianchi, apriva quattro solchi, imitato dagli altri principi, che dovevano tracciare un numero di solchi crescente in rapporto inverso alla loro dignità. Il nobile raccolto di quel campo serviva per le offerte, per le occasioni speciali e per le anime dei morti illustri.

Giappone

L'antichissima festa giapponese di inizio anno Oname-sai aveva luogo a fine autunno, a notte fonda a lume di torce, al termine della raccolta del riso. Era la più solenne delle cerimonie della religione shintoista, durante la quale il mikado, l’imperatore e capo religioso, rivolgeva un’offerta alla divinità suprema.

La cerimonia consisteva essenzialmente nell’assaggio simbolico delle primizie del riso, riprendendo l’antico mito della dea del sole Amaterasu che aveva compiuto lo stesso gesto al termine di quel raccolto di riso che viene considerato il primo in senso assoluto, esemplare. Il capodanno shinto non fa che ripetere l’azione del modello mitico una volta all’anno, quando si ripete il raccolto del riso. Così nel mito-rito dell’antico Giappone è sancita la contrapposizione ideologica tra estate e inverno. Distruggendo i campi di riso e contaminando l’offerta di Amaterasu, Susanowo – la divinità del mare e delle tempeste - “fonda” l’inverno, come stagione nella quale i campi di riso vanno in rovina e il sole si ottenebra. Alla radice dell’intero complesso mitico-rituale bisogna individuare l’esperienza di un popolo cerealicolo di fronte all’alternarsi di due stagioni: una fertile e radiosa, l’altra sterile e fredda.

Nell’Est del Paese è tradizionale la cerimonia del Minakuchi, per benedire la chiusa attraverso la quale scorre nella risaia l’acqua dell’acquedotto municipale: su tale chiusa vengono depositati dei mazzi di fiori offerti alla divinità.

Il 24 giugno viene celebrata la “Festa del trapianto del riso”, ricordando il mito secondo il quale il riso è stato portato in Giappone da una gru bianca e offerto ad Amaterasu.

Ad Ovest invece è più rilevante la “Festa della mietitura” quando viene presentato e offerto agli dei il primo riso della stagione tagliato con la falce.

Corea

Il tipico villaggio agricolo coreano sorge nei pressi della risaia, ai piedi delle montagne, perché i contadini devono essere in grado di curare le piante giorno per giorno altrimenti, se trascurate, si dice che deperiscano come i bambini abbandonati.

La maggior parte dei villaggi ha una banda nella quale i contadini suonano all’epoca del raccolto, durante le feste o dopo le cerimonie rituali in onore del dio del villaggio che si svolgono il primo giorno di plenilunio, secondo il calendario lunare, allorché molti villaggi, specialmente nella parte meridionale della penisola, organizzano gare di tiro alla fune.

Il riso, soprattutto nei villaggi, è venerato come il dio della casa, il cui simbolo principale è un vasetto di vetro pieno di riso che viene collocato nel cortile o all'interno della casa.

Una volta all'anno le casalinghe offrono al dio dolci di riso, chiedendo un buon raccolto per le fattorie e la salute per la famiglia.

Malesia - Indonesia

In queste zone si credeva che il riso avesse un'anima, chiamata semengat padi o indofa padi: una forza vitale insita negli oggetti magici e rappresentata con sembianze umane.

Questa concezione si manifesta in maniera ancora più accentuata in tutta una serie di espressioni affettuose usate dai Malesi nelle loro invocazioni e nei loro incantesimi rivolti all'anima del riso nel corso di diverse cerimonie, specialmente all'epoca del primo raccolto (menuai suhung). Questo modo di umanizzare il riso mostra la naturale tendenza dei Malesi a trattare tutto ciò che è umano con un rispetto, una considerazione e una benevolenza estreme. Essi vedono così nell’anima del riso un piccolo uomo o un nano di grandissima sensibilità, che si può offendere o ferire facilmente e che bisogna trattare con delicatezza come un lattante fragile e vulnerabile.

Su queste basi si sviluppano rituali e cerimonie complesse, dalla forte carica emotiva, che successivamente si sono evoluti in una specie di culto che accompagna tutto il ciclo della coltivazione del riso. A partire dalla fase iniziale, che è la scelta delle sementi, e passando per le fasi della crescita delle piante, del trapianto e della sarchiatura, sino al primo raccolto, all’immagazzinamento finale e alla prima degustazione, vengono celebrati diversi riti volti a mostrare l’importanza primordiale di ottenere un buon raccolto per risparmiare fame e carestia alla collettività. Si invocava e si implorava dunque l’anima perché essa rimanesse nel riso e non abbandonasse la sua incarnazione nel seme e la comunità.

Asia Centrale

La coltivazione del riso vi fece comparsa nel IV o V millennio a.C., ma non era molto diffusa, tanto è vero che restò il cibo dei ricchi fino alla fine del 1800, e anch’essi lo consumavano solo una volta alla settimana.

Ora le pietanze a base di riso restano i piatti tradizionali durante i matrimoni e devono essere cucinati presso i due sposi. Oppure i giovani fanno gruppi di soli maschi pagando una quota individuale per fare dei pic-nic a base di “plov”, un piatto unico a base di riso.

Madagascar

Il Madagascar è un esempio particolarmente interessante di "civiltà del riso". Chiamato vary o vare, esso costituisce infatti il principale alimento degli abitanti dell'isola e occupa uno dei primi posti nella loro vita materiale e spirituale. In passato, il riso era uno dei punti di riferimento con i quali i malgasci (gli abitanti del Madagascar) si misuravano nel tempo e nello spazio. L'unità di base dei sistemi tradizionali per misurare il tempo era "il tempo necessario per cuocere il riso", un periodo che andava da 30 minuti a un'ora, a seconda del combustibile impiegato, del tipo di recipiente usato e della quantità di riso messa a cuocere. La distanza da un dato posto, per esempio, veniva indicata come “due volte o tre volte il tempo che ci vuole per cuocere il riso”.

Il ciclo della crescita del riso era il calendario contadino. Il tempo della semina, mamafy ketsa, designava all’incirca i mesi di luglio e agosto mentre quello del trapianto, manetsa vary, corrispondeva generalmente a ottobre e novembre. Normalmente la gente collocava gli avvenimenti prima, durante o dopo il mitera-bary (letteralmente “quando il riso nasce), cioè quando spuntano le spighe, o il mena vary, il periodo del raccolto quando le risaie si coprono di un manto d’oro.

Il riso forniva anche il metro per altre misure, specialmente le grandi misure di volume: il very iray (letteralmente “un riso”) corrispondeva approssimativamente ad un ettolitro e due decalitri, e la misura più comune, il fahefabary o fahefany, era l’equivalente di mezzo decalitro.

In passato, parole composte con vary (riso) erano pure usate per indicare le unità di moneta.

l riso non è usato soltanto in rapporto a valori quantificabili come la misura del tempo, delle distanze e del peso, ma appare spesso in frasi che esprimono giudizi su persone o fatti. Per indicare il suo apprezzamento per un gesto o un fatto, un malgascio direbbe: “Questo è veramente riso cotto nel latte e coperto di miele!”, in altre parole la vera perfezione, quando di meglio il mondo può offrire.

I malgasci del passato ritenevano un difetto del riso il fatto che le spighe non potessero riacquistare la posizione eretta se venivano piegate dal vento, da qui l’espressione popolare tuttora usata per uno che si abbandona ai vizi “egli è riso piegato”.

Spesso il riso è “personificato”. Prima che si formino le spighe, quando gli steli cominciano a gonfiarsi, si dice che il riso è “gravido”, e quando le spighe si sono formate che “ha partorito”. Per i malgasci il modo di crescere del riso ricorda quello dell’uomo: energico nella giovinezza, poi curvo sotto il peso degli anni.

La simbiosi tra riso e acqua è stata sempre assunta come simbolo di amicizia e amore eterni: “Possa questa amicizia (o amore) somigliare a quella dell’acqua e del riso: nei campi sono sempre insieme e in casa sono inseparabili”. Del matrimonio si dice: “L’amore è come la giovane pianta di riso: se non è trapiantata, non germoglierà mai”.

Vi sono molti altri detti sul comportamento dell’uomo che fanno riferimento al riso. Così per incoraggiarsi reciprocamente a parlare, per esempio in un’assemblea , la gente dice: “Facciamo come il riso: ognuno riveli quello che ha nel suo cuore”.

Nelle lunghe sere attorno al fuoco il riso è un argomento inesauribile di conversazione, di battute e di indovinelli.

India

La religione induista elabora i propri riti partendo dagli oggetti più umili e dalle azioni più comuni.
Così, ad esempio, durante la festa di Pongal che si celebra in occasione del solstizio d’inverno nella regione del Tamil Nadu, gli ingredienti fondamentali sono un coccio in cui far cuocere il riso, il sole, le mucche e il riso stesso. Il Pongal è tradizionalmente dedicato al dio del sole Surya che fa uscire dall’acqua il riso, nutrimento e vita per l’uomo, e può durare da due a quattro giorni. Durante il secondo giorno si celebra il Grande Pongal, attraverso una serie di gesti che servono a ribadire e rafforzare i legami tra tutte le famiglie delle diverse caste del villaggio: ogni famiglia fa bollire la sua pentola di riso e si reca a offrirne delle porzioni su foglie di banana alle altre. Il Pongal più ricercato è quello zuccherato: numerose regole rituali presiedono alla sua cottura, nella quale intervengono zucchero di canna, noce di cocco, uva passa, lenticchie fritte, cardamomo, zafferano e una punta di canfora commestibile. Ogni famiglia vanta la propria ricetta e, per i bambini, questa ghiottoneria rappresenta il centro della festa.

COME SI CUCINA IL RISO NEL MONDO?

Cina

In Cina il riso viene cotto in recipienti di ferro dolce con dentro quattro o cinque dita d’acqua. Al di sopra di questa si trova un graticcio di bambù sul quale viene steso un pezzo di tela destinato ad accogliere il riso precedentemente lavato. Si copre il tutto con un coperchio di legno rivestito internamente da foglie di palma, affinché il vapore bollente sia costretto ad attraversare l’alimento. A cottura finita si ottiene un riso dai chicchi turgidi, asciutti e ben staccati l’uno dall’altro.

La scarsezza di combustibile, specie al Nord, ha condizionato la modalità di taglio e cottura degli alimenti. Sia le verdure sia le carni vengono finemente tagliate secondo canoni precisi, e spesso sono precotte mediante scottatura in acqua bollente e poi fritte rapidamente nel wok, una pentola a forma conca che sfrutta al massimo il calore prodotto al di sotto di essa. Essa viene usata anche per la cottura a vapore e per stufare.

Corea

In questo Paese il riso viene consumato tre volte al giorno e rappresenta il piatto principale attorno al quale si dispongono le altre vivande. Pur tra l’abbondanza di pietanze, un pasto non è considerato tale se manca il riso.

Per il consumo quotidiano il riso viene lavato e fatto bollire a fuoco alto per cinque minuti, lo si fa poi bollire lentamente per altri dici minuti, quindi, tolto dal fuoco, viene fatto riposare ancora per cinque minuti. Talvolta viene cotto con orzo, fagioli rossi, soia o miglio.

India

Il riso in India viene bollito e condito con curry, verdure varie, spezie, uova e a volte anche carne, banane, ecc. In campagna lo si gusta su foglie di banana al posto dei piatti e lo si prende con le mani.

PROVERBI SUL RISO

- Quando si redistribuisce il cibo non manca mai. (Haiti)

- Non mangiare riso al buio per non attrarre lo spirito maligno chiamato momo. Potresti persino inghiottire lo spirito maligno e attrarre la sfortuna su di te. (Filippine)

- Se uno sciupa il riso o lo getta via, la sua mano diventerà deforme ed egli non conoscerà mai abbondanza e benessere.

- Se date del riso ad un povero, offritelo in un piatto e non nel pangtakal (recipiente per misurare), diversamente vedrete diminuire la vostra provvista di riso e viveri.

- Non mettete mai nel riso il misurino rovesciato, potreste avere un cattivo raccolto.

- Per il nostro breve passaggio sulla terra bastano un cappello e un pugno di riso (Cina). Cioè l'essenziale per ripararsi dalla pioggia, grande amica del riso, e per sopravvivere.

- Uno lavora e nove mangiano riso. (Cina)

- Nel riso è sostanza e letizia. (dai Veda, antica raccolta di testi sacri in sanscrito)

- Chi dà il latte di riso dà la vita, dà calore, forza e prontezza di mente. Il riso allontana la fame e calma la sete, mette a posto gli umori del corpo e facilita la digestione. (Buddha)

FONTI:

- Paese che vai, piatti che trovi. Il lungo viaggio del cibo dall'America Latina all'Europa", supplemento a Volontari per lo Sviluppo, anno IX, n°4, settembre 1991

- La grande festa: vita rituale e sistemi di produzione nelle civiltà tradizionali, Vittorio Lanternari, edizioni Dedalo, Bari, 2004